Trump

“Siete testimoni della piu’ grande caccia alle streghe individuale nella storia politica americana, condotta da persone molto cattive e confuse”. Lo scrive in un tweet il presidente Usa, Donald Trump, con riferimento agli sviluppi della vicenda Russiagate. Il presidente Usa insiste sul tasto del vittimismo e del complotto per cercare di difendersi dalle pesanti accuse che gli sono state rivolte e che potrebbero portarlo sino all’impeachmnent. Nessuna spiegazione da parte sua sul merito della questione.

In primo piano nella politica internazionale le nuove accuse dell’ex capo dell’Fbi, James Comey, a Donald Trump sul Russiagate. Interpellato al riguardo dal Messaggero, il presidente della commissione Esteri del Senato e docente di Geopolitica del Mediterraneo alla Lumsa, Pierferdinando Casini. Si dichiara “garantista da sempre, lo sono anche rispetto a Trump. Ma questo è un problema che riguarda solo gli americani, mentre mi preoccupano di Trump i riflessi della sua politica estera. Passare dal tweet in cui accusa il Qatar di complicità col terrorismo, a una telefonata all’Emiro assicurandogli la mediazione, è sorprendente. . . Trump aumenta il disordine mondiale”. Lo Stato Islamico sta per essere sconfitto. Perché solo ora? “C’è stato un salto di qualità nella volontà dei Paesi della coalizione di colpire il Califfato. Anche chi lo aveva foraggiato sotto banco e aveva accettato di commercializzare il suo petrolio e i reperti archeologici trafugati, ha capito che era diventato un serpente troppo pericoloso per tutti e adesso c’è l’intesa a schiacciarlo”. Quale conseguenza avrà la sua sparizione? “L’Occidente deve aspettarsi un’offensiva del terrore attraverso i foreign fighters di ritorno, paradossalmente non è scontato che la sconfitta del Califfato sia indolore per noi. Anzi, dovremmo aumentare la prevenzione e vigilanza: più sarà sconfitto sul terreno siro-iracheno, più l’Isis esporterà il terrorismo, con emissari e una propaganda jihadista su Internet che fa adepti tra gli immigrati della seconda e terza generazione in Europa”.

“Anche se la decisione del presidente degli Stati Uniti non e’ una sorpresa, si tratta di una sfida importante per la tutela dell’ambiente a livello internazionale. Infligge un duro colpo al clima di fiducia globale che aveva generato l’accordo alla Conferenza sul clima a Parigi”. Lo afferma il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, presidente della Conferenza episcopale tedesca e presidente della Comece, la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunita’ europea. A nome dell’organismo europeo, il cardinale prende la parola sulla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di ritirarsi dagli accordi sul clima. “Fino alla fine- scrive Marx in un comunicato diffuso ieri da Bruxelles- avevamo sperato che le discussioni in seno al G7 e l’incontro con Papa Francesco avessero positivamente influenzato la sua decisione. L’Enciclica Laudato Si’, che il Papa ha consegnato al presidente Trump durante il loro incontro la scorsa settimana, sottolinea che la politica internazionale si indebolisce se da’ priorita’ agli interessi particolari rispetto al bene comune. È un peccato che questa constatazione si verifichi ancora una volta e che la responsabilita’ mondiale si ferma ai confini di un Paese. La comunita’ internazionale non deve scoraggiarsi. Gli europei, in particolare, hanno il dovere di restare uniti e di svolgere un ruolo di primo piano nella salvaguardia del creato”.

Con la scelta di uscire dall’accordo sul clima di Parigi, Donald Trump sta trasformando la sua politica da “prima l’America”, in “America isolata e sola”. Infatti il presidente americano lascia un vuoto di potere che rappresenta una imperdibile opportunità per gli altri Paesi di prendere il controllo del mondo e di stabilire un nuovo ordine. Lo scrive il New York Times, che sottolinea come la decisione annunciata ieri da Trump sia, in prima istanza, un regalo alla Cina, l’unica potenza in grado di poter riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti. In che modo? Riscrivendo le regole del commercio, stabilendo nuovi standard ambientali e infine investendo in infrastrutture a livello globale per espandere la propria influenza, come già sta facendo in Africa. Ma la decisione di uscire dal patto firmato a Parigi nel dicembre del 2015 da 195 Paesi, è solo l’ultima delle mosse strategiche di Trump, che porteranno a un vuoto di leadership: prima c’è stata la decisione di uscire dai negoziati del Trans-Pacific Partnership, che avrebbe creato un mercato di libero scambio nel Pacifico, arginando le mire espansionistiche della Cina. E ancora la scelta di non garantire agli alleati Nato la difesa da parte degli Stati Uniti in caso di attacco. Oltre alla Cina, continua il New York Times, Trump ha fatto un regalo all’India (altra potenza in enorme espansione), ma anche alla Russia e all’Iran. Con la sua decisione Trump “ha reso il mondo più sicuro che ci sarà un’influenza cinese”, ha detto Richard N. Haass, presidente del Council on Foreign Relations. Infine la scelta di Trump rappresenta un decisivo cambio di posizione rispetto alle politiche americane degli ultimi 80 anni, da Harry Truman in poi. Trump infatti sostiene che l’unica forza americana risieda nella crescita economica e nell’esercito, negando il ‘soft power’, il mezzo attraverso il quale gli Usa hanno espanso la loro influenza nel mondo. Per il presidente infatti investire in alleanze e in progetti di sviluppo in Paesi stranieri è solo un modo per sprecare denaro dei cittadini americani. Per questo, nel suo budget, non ha inserito il dipartimento di Stato tra le agenzie centrali per la sicurezza nazionale che necessitano di un aumento di fondi.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump “vede non solo la Germania ma anche il resto dell’Europa come un importante alleato americano”. Lo ha detto in conferenza stampa il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer. “Durante le sue conversazioni alla Nato e al G7 – ha aggiunto – il presidente ha riaffermato la necessità di approfondire e migliorare la nostra relazione transatlantica”.

Il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, ritiene che l’atteggiamento del presidente americano Donald J. Trump abbia ‘indebolito’ l’Occidente e che la politica degli Stati Uniti ‘sia contraria agli interessi dell’Ue’. Parlando ai margini di un convegno a Berlino, Gabriel ha criticato la politica sul clima e sulla vendita di armi al Medio Oriente di Trump, affermando che l’Occidente ‘e’ diventato piu’ debole. Gli Usa ritengono che imporre i loro interessi nazionali sia piu’ importante di un ordine internazionale. La politica a breve termine del Governo americano e’ contraria agli interessi dell’Ue’. Gabriel ha anche parlato di ‘una caduta degli Stati Uniti come importante Paese’.

Dura replica di Teheran al discorso pronunciato ieri dal presidente Usa, Donald Trump, al summit arabo-islamico-americano che si è svolto in Arabia Saudita, storica rivale della Repubblica islamica in Medio Oriente. Il governo iraniano, riferendosi all’accordo per 110 miliardi di dollari che gli Usa hanno siglato con la monarchia del Golfo, ha accusato Washington di vendere armi a “pericolosi terroristi”. “Con le sue politiche ostili l’America sta rivitalizzando i terroristi nella regione”, ha sottolineato Qassemi. Le parole pronunciate da Trump, ha aggiunto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qassemi, citato dall’agenzia di stampa Irna, contribuiscono alla diffusione dell'”iranofobia” nella regione. Ieri Trump ha rivolto un appello a “tutte le nazioni” perché isolino l’Iran, un Paese che, secondo il leader Usa, “dal Libano all’Iraq e allo Yemen” arma e addestra “i terroristi ed altri gruppi estremisti che diffondono distruzione e caos nella regione”. Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha subito replicato con sarcasmo su Twitter. “Tra tutti i posti possibili, il presidente Usa usa questo bastione di democrazia e moderazione (l’Arabia Saudita, ndr) per attaccare l’Iran dopo le sue elezioni democratiche. Ma è politica estera o mungitura di 480 miliardi dollari dall’Arabia Saudita?”, ha dichiarato il capo della diplomazia di Teheran, riferendosi al valore totale degli accordi siglati tra i due Paesi.

Donald Trump fa un piccolo passo indietro e rivolgendosi ai leader musulmani rinuncia a uno degli slogan che hanno contrassegnato la sua campagna elettorale e suoi primi mesi di presidenza: quello in cui definisce il terrorismo di matrice jihadista “radical Islamic terrorism”. Un’espressione ritenuta offensiva dal mondo arabo perche’ associa le parole ‘redicale’ e ‘terrorismo’ alla religione dell’Islam. Per questo – si racconta sui media – il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca H.R. McMaster per mesi ha tentato invano di cancellarla dal vocabolario del presidente americano. Ci e’ riuscito in parte all’interno del discorso tenuto a Riad, dove Trump ha parlato di “Islamist extremism” e di “Islamist and Islamic terror”. Piccole sfumature ma – stando ad alcuni commentatori ed esperti – sufficienti a non urtare la sensibilita’ dei leader in sala. “C’e’ ancora molto da fare. Questo significa confrontarsi con la crisi dell’estremismo islamico e del terrore islamista e islamico di ogni specie”, la frase completa pronunciata da Trump, che ha subito dopo definito l’Islam “una delle piu’ grandi fedi al mondo”.

La presidenza Trump sta avendo un effetto devastante non solo sulla politica americana, ma anche sugli umori della nazione. In particolare sulle donne, la cui fiducia nel futuro del Paese e’ calata a picco. Lo rivela l’ultimo sondaggio del Pew Research Center. Se la meta’ degli uomini – il 53% per la precisione – dichiara di avere “molta fiducia” nel futuro degli Stati Uniti, ad essere ottimista e’ solo il 29% delle donne. Difficile non mettere in relazione questo crollo con la vittoria del tycoon: nel 2015 uomini e donne erano pressappoco alla pari con 47% e 43%. Tra l’altro non ci sono stati strappi economici tali da giustificare un calo del 14%. Il gap si e’ inspessito a partire dal 2016, anno della campagna elettorale presidenziale culminato con il trionfo di Donald Trump e infarcito di scandali e polemiche a sfondo sessista. Basti ricordare il polverone sollevato dal fuori onda di una vecchia registrazione di una trasmissione televisiva del 2005 in cui il miliardario newyorchese candidamente ammetteva che il suo status di celebrita’ gli permetteva di afferrare per i genitali qualunque donna senza timore di rifiuto. Sommerso dalle proteste, l’allora candidato aveva definito la conversazione una semplice “chiacchiera da spogliatoio”; ma la crudezza del linguaggio e la volgarita’ del pensiero avevano provocato un vero terremoto mediatico. Uno shock per tante, non solo per le femministe americane. A tutto cio’ si aggiunge il retaggio di commenti e considerazioni sulle donne fatti da Trump nel corso degli anni. In casa democratica, poi, si paga la cocente delusione per la sconfitta di Hillary Clinton: l’effetto depressivo e’ stato devastante. In tante erano certe di diventare testimoni della storica elezione della prima presidente americana. In ambito repubblicano, invece, il 72% degli uomini mostra grande ottimismo, le donne si fermano al 44%. Anche tra gli elettori del Gop, le differenze erano meno nette due anni fa.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump prevede di invitare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas per i colloqui di pace negli Stati Uniti. Secondo I24 News Trump fara’ un invito ai leader durante la sua visita nella regione. I colloqui di pace dovrebbero durare tra nove mesi e un anno. Il presidente Usa dovrebbe iniziare il suo primo viaggio estero il 19 maggio e partecipare al vertice della Nato a Bruxelles. Trump sara’ poi in Belgio il 24 maggio e partecipera’ poi al G7 del 26 maggio in Sicilia. Il presidente incontrera’ per la prima volta il presidente dell’Autorita’ palestinese Mahmoud Abbas durante una visita in Medio Oriente e dovrebbe poi anche incontrarsi con Netanyahu e con il presidente israeliano Reuven Rivlin per discutere di questioni regionali tra cui l’Iran.