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Raggiunte e superate, con quattro mesi di anticipo sui sei a disposizione, le 50mila firme a favore del disegno di legge di iniziativa popolare sulla separazione delle carriere in magistratura promosso dall’Unione delle Camere Penali italiane. Per l’occasione, oggi, dalle 14.30, presso la sala stampa della Camera, i vertici dell’Ucpi e del Comitato Promotore per la separazione delle carriere terranno un incontro con la stampa per annunciare i dati delle sottoscrizioni finora raccolte e le iniziative politiche per i prossimi quattro mesi. Alla conferenza stampa prenderanno parte, inoltre, numerosi esponenti delle istituzioni, della politica e della società civile che hanno sostenuto l’iniziativa delle Camere penali.

“Non siamo preoccupati per nulla dalle parole di Magistratura Indipendente. Ogni volta che qualcuno avanza proposte di politica giudiziaria non gradite a una parte della magistratura, si evoca un inesistente vulnus alla sua indipendenza”. Lo ha detto il presidente dell’Unione camere penali italiane, Beniamino Migliucci, dal palco di “LiberaItalia. Europa, Fisco e Giustizia. Idee per liberare l’Italia da populismo, statalismo, giustizialismo”, evento organizzato dalla Fondazione Einaudi al Teatro Carcano di Milano. L’Ucpi l’altro ieri ha avviato la raccolta firme per l’introduzione in Costituzione della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e requirente (in due giorni sono gia’ state raccolte oltre 6 mila firme). “L’unico vero vulnus e’ rappresentato dall’unicita’ delle carriere – ha sottolineato Migliucci replicando alla presa di posizione di Magistratura indipendente – che si pone in contrasto con i principi del giusto processo che prevede un giudice terzo per garantire l’imparzialita’ della decisione. Sono convinto che riusciremo nel nostro intento ma in ogni caso le uniche battaglie perse sono quelle che non si fanno. Insieme alla separazione delle carriere dobbiamo rilanciare i principi costituzionali come la presunzione di innocenza e il principio di legalita’”.

“Li’ si gioca la credibilita’ della magistratura ma soprattutto l’autonomia di indagine del pubblico ministero, dobbiamo smetterla di pensare che l’attivita’ del pubblico ministero e’ servente a questa o a quella parte politica. Perche’ questo non accada, cioe’ perche’ l’azione della magistratura non sia strumentale ad altri fini, bisogna tutelare la segretezza delle indagini nella prima fase ed e’ fondamentale che su questo tema ci sia l’impegno di tutti, e soprattutto, che in caso di violazioni ci siano delle sanzioni”. Lo afferma Luca Palamara, ex presidente dell’Anm e membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, intervistato a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24, commentando la battuta del procuratore Pignatone in tema di intercettazioni: “Basta fuga di notizie”.

Ordinanza di custodia cautelare in carcere per Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma su una presunta attività di riciclaggio riconducibile a Francesco Corallo, il “Re delle slot” detenuto dallo scorso dicembre. Il provvedimento del gip Simonetta D’Alessandro non è stato eseguito: Tulliani è residente a Dubai e per la magistratura italiana risulta irreperibile.

“In un Paese libero vanno preservate le autonomie di tutti, della magistratura, della politica e della stampa. Sono i principi della nostra Costituzione a ricordarcelo”. Così il presidente del Csm Giovanni Legnini in un’intervista a La Repubblica. “Valuto positivamente il fatto che ormai tutte le forze politiche siano orientate a decidere in autonomia e senza automatismi le conseguenze di un’iscrizione al registro degli indagati o di un’informazione di garanzia. Fa bene alla politica, alla giustizia e alla democrazia. Naturalmente esulo da considerazioni politiche, ma in generale penso che non sia positivo prendersela con i giornali e i mezzi d’informazione”, ha aggiunto. Secondo Legnini “il superamento dell’automatismo ‘avviso di garanzia uguale dimissioni’, che da anni ha interessato il dibattito pubblico, fa bene ai partiti perché li aiuta a riappropriarsi di una delle loro principali funzioni, quella di meglio selezionare la classe dirigente e allontanare coloro che si siano resi responsabili di fatti incompatibili con l’esercizio di funzioni pubbliche. Ciò non può significare un’attenuazione della tensione etica e morale che deve animare l’impegno politico, ma al contrario può accrescere la responsabilità dei partiti nel regolamentare sempre più in autonomia il rapporto con i loro dirigenti ed eletti”.

Non é nuovo a critiche di questo genere, l’ex presidente della Camera e magistrato Luciano Violante. Ma la sua invettiva colpisce anche i mezzi di comunicazione ‘che formano l’opinione dei cittadini, funzione essenziale della democrazia, ma proprio per questo non irresponsabile. Colpisce lo spazio che i media hanno dato all’inchiesta sull’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati e poi le poche righe destinate alla sua assoluzione. Sulla base di indagini non definitive, si distrugge la dignità delle persone e anche quella del Paese. C’é una grande responsabilità della politica che non é capace di regolare e di porre un limite ai propri conflitti’. Così in una intervista al Corriere della Sera. ‘La magistratura ha avviato le indagini e la magistratura ha chiesto l’archiviazione. Io credo che stiamo assistendo alla sconfitta di quella che ho chiamato la società giudiziaria: una società di mezzo tra quella civile e politica, che comprende cittadini comuni, mezzi di comunicazione e settori della magistratura. C’é una pericolosa subalternità della politica alla giustizia e insieme una furbesca utilizzazione della magistratura per attivare i conflitti interni al mondo politico. Serve legalità e rigore nella valutazione dei fatti’

Sul referendum costituzionale “l’Anm ha deciso di non schierarsi”, ha ribadito il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo, ospite della trasmissione In mezz’ora di Lucia Annunziata, “quindi – ha aggiunto – fino a quando io sarò il presidente non mi schiero e non dirò come voterò”. Davigo, smentendo di essersi mai pronunciato sul punto, ha anche raccontato un aneddoto: “Quando ho incontrato il presidente della Repubblica Mattarella e gli ho detto questo, mi ha risposto: ‘Sono molto contento così siamo in due a dover stare a zitti”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, anche lui ospite della trasmissione, in confronto con il presidente dell’Anm, da parte sua ha ribadito la sua opinione: “Sono convinto che i giudici possano partecipare al dibattito democratico e anzi lo possano impreziosire, ma l’importante è che non parlino a nome della magistratura, perché sarebbe fuorviante; e credo che anche riguardo al referendum nella magistratura ci siano opinioni diverse”.

“Non c’è nessuna guerra tra politica e magistratura, è una discussione stucchevole. Vorrei ricordare che come Governo siamo i primi a dare una valenza strutturale alla carenza del personale amministrativo”. Andrea Orlando, ministro della Giustizia, così ha commentato il tema dello scontro tra Magistratura e mondo politico durante una tavola rotonda con Piercamillo Davigo, presidente Anm, Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm e Michele Vietti, ex presidente del Csm dal titolo ‘I valori della magistratura e il valore della giustizia’. La principale accusa mossa al ministro dalla corrente ‘Autonomia e indipendenza” riguarda i magistrati più giovani con l’allungamento da 3 a 4 anni, del periodo di legittimazione prima del trasferimento. Secondo il ministro la polemica ricorda il tema della responsabilità civile dei magistrati che “si diceva avrebbe portato a un’esplosione dell’utilizzo di questo strumento, ma non c’è stata”. Orlando è poi intervenuto sulla vicenda della semplificazione processuale: “di solito quando partecipo a eventi dei magistrati le soluzioni vanno a scapito delle facoltà universitarie che producono troppi avvocati. Se invece vado dagli avvocati il problema sono i magistrati. Cerchiamo di trovare un punto di incontro”.

“Ai magistrati la politica dovrebbe essere vietata per legge”. Lo pensa Carlo Nordio, magistrato e procuratore aggiunto di Venezia in una lunga intervista al giornale il Dubbio dove spiega tutte le motivazioni. “Nei casi in cui un giudice entra in politica dopo essere andato in pensione – dichiara – tutto quanto ha fatto da magistrato rischia di essere letto come strumentale rispetto al secondo tempo della sua vita pubblica, quello giocato nel campo della politica”. Per Nordio tra magistratura e politica servirebbe “una assoluta divisione tra i due ambiti”.

“Nel Tribunale d’appello c’era un giudice che era stato in politica per 20 anni, Giannicola Sinisi, parlamentare dello schieramento opposto al mio, che e’ stato anche sottosegretario nel governo Prodi e quando al governo c’era Napolitano, dico Napolitano, come ministro dell’Interno. Ed e’ stato proprio lui il giudice che mi ha di fatto condannato, capovolgendo la sentenza di primo grado e aumentando la pena per farmi incorrere nella legge Severino” che prevede la decadenza dal mandato di parlamentare in caso di condanna a piu’ di due anni per reati contro la Pubblica Amministrazione.  A sottolinearlo e’ il senatore di Fi Augusto Minzolini durante l’udienza pubblica della Giunta per le Immunità del Senato che a breve dovrà pronunciarsi sulla revoca del suo mandato di senatore perché condannato a due anni e sei mesi per peculato. “Come si puo’ accettare che un magistrato che e’ stato in politica torni a giudicare un suo avversario? – chiede Minzolini quando gli viene data la parola per difendersi – Violante non si e’ mai sognato di tornare in magistratura. La questione e’ anche quella di preservare il potere politico da quello giudiziario”. Minzolini poco prima aveva ricordato come tra il primo grado in cui venne assolto dall’accusa di peculato per aver usato la carta aziendale della Rai per “fini personali” e il secondo in cui venne condannato avvennero vari fatti tra cui quello di essere stato “eletto in Parlamento”; che “il giudice del lavoro aveva obbligato la Rai a restituirmi i soldi”; aveva “polemizzato con Napolitano teorizzando il suo impeachment”; “avevo votato contro le riforme Renzi in contrasto con il mio gruppo”.