Inps

Da gennaio 2018 ci sarà un Osservatorio sul nuovo Polo unico delle visite fiscali, con i dati sulle assenze e le malattie. Lo ha detto oggi il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in una conferenza stampa a Roma. Il nuovo Polo unico delle visite fiscali dei dipendenti pubblici e privati è nato dalla riforma Madia della Pubblica amministrazione. “Si è parlato molto – ha continuato Boeri – del Polo unico delle visite fiscali, anche per i dipendenti pubblici, per la repressione di comportamenti opportunistici” perché “è importante verificare chi assume comportamenti che sottraggono risorse, ma il Polo unico è prima di tutto a vantaggio degli stessi dipendenti pubblici. Ci sarà infatti una racconta di informazioni sulle malattie”, ha concluso il presidente dell’Inps.

Le assunzioni nel settore privato nei primi cinque mesi dell’anno sono state complessivamente 2.736.000, in aumento del 16% rispetto al periodo gennaio-maggio 2016. Il maggior contributo è determinato dalle assunzioni a tempo determinato (+23%), mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-5,5%). Lo rileva l’osservatorio sul precariato dell’Inps. Oltre all’incremento dei contratti di somministrazione a tempo determinato (+14,6%), risulta “particolarmente significativa” la “crescita vigorosa” dei contratti di lavoro a chiamata a tempo determinato, che, sempre nell’arco temporale gennaio-maggio, passano da 76mila del 2016 a 165mila nei primi cinque mesi di quest’anno, con un incremento del 116,8%. “Questo significativo aumento dei contratti a chiamata a tempo determinato, e in parte anche l’incremento dei contratti di somministrazione – dice l’Inps – può essere messo in relazione alla necessità delle imprese di individuare strumenti contrattuali sostitutivi dei voucher cancellati dal legislatore a partire dalla metà dello scorso mese di marzo”.

“Il presidente dell’Inps Boeri non va coinvolto nella lotta politica, ma non gli si puo’ chiedere, come fanno i leghisti e quanti si trovano in disaccordo con le sue idee, di tacere la realta’ evidente del mondo del lavoro e della previdenza, che egli con competenza e misura ha evidenziato anche oggi. La fotografia di Boeri rappresenta le cose come sono, non come i ‘sovranisti etnici’ vorrebbero che fosse. Punto. Il resto e’ cinica propaganda sulla pelle sia degli stranieri che degli italiani, a partire dai futuri pensionati”. Lo scrive su Facebook il senatore e sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, promotore di Forza Europa. “Senza immigrati l’economia italiana non sarebbe in ripresa e senza immigrati i conti dell’Inps andrebbero in sofferenza e mancherebbero le risorse per pagare di qui in poi le pensioni degli italiani. La struttura della popolazione di un Paese- prosegue Della Vedova- e’ un fattore fondamentale del suo dinamismo economico e della sostenibilita’ dei suoi conti pubblici. Un’Italia che aggravasse il suo tasso di dipendenza demografica sarebbe destinata al declino e al default finanziario. Anche per i rifugiati il punto dovrebbe essere esattamente questo: abbandonare il falso argomento dei pull factor e, mentre ci si occupa dei push factors e di come stroncare i flussi irregolari gestiti dalla criminalita’, anche aprendo canali legali, creare le condizioni per consentire a quanti sono arrivati negli ultimi semestri di lavorare regolarmente fino a che resteranno in Italia. E sappiamo- conclude Della Vedova- che questo non ‘porterebbe via il lavoro agli italiani’, ma rafforzerebbe l’economia e le prospettive di crescita, anche dal punto di vista occupazionale”.

La segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, ha inviato ieri una nota a tutte le strutture del sindacato per chiarire la situazione che si è determinata con l’introduzione dei nuovi voucher. Nella nota, tra le altre cose si legge: “Le procedure non sono così semplificate come vengono annunciate e i meccanismi utilizzati per garantire trasparenza e controllo sono prevalentemente affidati a un sistema di messaggistica, molto debole e di dubbia efficacia in caso di contenzioso, cosi come alcune procedure, come quelle dei pagamenti, sono particolarmente penalizzanti per i prestatori”. “Rimane poi, nonostante i chiarimenti della circolare, inalterata una delle maggiori criticità delle nuove norme, cioè un profilo sanzionatorio debole, in alcuni casi pressoché nullo, come nel caso della Pubblica amministrazione e tolte le sanzioni amministrative, che rischia di alimentare un nuovo utilizzo improprio dello strumento, in esplicito dumping con forme contrattuali maggiormente tutelanti. Quanto previsto nel caso della agricoltura è particolarmente pericoloso perché di fatto la circolare Inps definisce essa stessa l’importo del corrispettivo orario per i prestatori, suddivisi in tre aree e senza tenere conto del riferimento proprio dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Non solo, in questo caso il riferimento orario è più basso che per il resto del lavoro occasionale e ciò determina anche un innalzamento delle ore di possibile prestazione per singolo lavoratore, aprendo chiaramente ad un utilizzo molto più ampio di quello configurabile come mera prestazione occasionale o saltuaria. Infine altra questione che è oggetto di particolare preoccupazione politica è la previsione che affida alle parti la definizione del compenso delle ore successive alle prime 4 ore. La norma, infatti, anche in considerazione delle dichiarazioni che ha fatto il Presidente Boeri, rende ulteriormente evidente non solo il limite di legare l’occasionalità a un solo e mero riferimento economico, ma anche la volontà di introdurre ampi riferimenti per la possibile normazione di un salario minimo legale superando la contrattazione collettiva”.

“Vi ricordate quando, circa due mesi fa, annunciammo l’avvio delle domande per il cosiddetto “bonus mamma”? Oggi i dati Inps rivelano che da quel giorno le domande sono state oltre 200.000. Un numero impressionante che ci conferma quanto questa misura, inserita dal governo dei #MilleGiorni nella legge di bilancio per il 2017, sia importante per tante famiglie e tante mamme italiane. Piu’ che le parole, in politica contano i fatti. Noi non ci fermiamo e andiamo #avanti”. Lo scrive su Facebook la sottosegretaria alla presidenza del consiglio Maria Elena Boschi.

“L’Inps ha poco più di 28mila dipendenti distribuiti sul territorio nazionale in modo disorganico. Le sedi sono al collasso, le giacenze di produzione aumentano in maniera esponenziale e con conseguenti disservizi. Parte del patrimonio immobiliare non è censito ed è lasciato allo sbando, manca una seria politica di gestione dello stesso. Basti pensare che solo nel Lazio circa 800 immobili sono occupati abusivamente e l’Inps incassa appena il 10% dei costi complessivi di gestione”. Lo scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. “La razionalizzazione immobiliare di tipo strumentale – aggiunge – è ancora al palo, la riorganizzazione delle funzioni una bufala. I dirigenti apicali sono sempre gli stessi, i posti vengono assegnati senza criteri meritocratici. Tito Boeri si sta rivelando un cattivo presidente. Ha avviato una sperimentazione territoriale creando megastrutture territoriali in Lazio, Lombardia e Campania, con duplicazioni di funzioni e costi che alla luce dei primi risultati si stanno dimostrando un fallimento”.

Nella pubblica amministrazione ci sono più assenti per malattia, ma è nel settore privato che si resta in media più giorni a casa. E’ quanto emerge da un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia dei dati Inps. Le assenze per motivi di salute nel pubblico impiego registrate nel 2015 hanno interessato il 57% di tutti gli occupati (poco più di 1 dipendente su 2), nel settore privato, invece, la quota si è fermata al 38% (più di 1 dipendente su 3). La durata media annua dell’assenza per malattia dal luogo di lavoro è leggermente superiore nel privato (18,4 giorni) che nel pubblico (17,6 giorni). Lo studio della Cgia mette in luce anche i dati relativi agli eventi di malattia per regione. Tra il 2012 e il 2015, in tutte le regioni d’Italia sono in aumento le assenze nel pubblico (dato medio nazionale pari a +11,9%), con punte che superano il 20% in Umbria e Molise. Nel privato, invece, in ben 9 realtà territoriali si registra un calo: in Calabria e in Sicilia del 6%. Nel periodo analizzato il dato medio nazionale è aumentato solo dello 0,4%. Dalla Cgia ricordano che i dati Inps sono stati estratti dall’Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell’Inps, avviato nel 2011. In queste statistiche non sono riportate le assenze riferite alla gravidanza, alle disposizioni previste dalla legge 104/1992 (assistenza disabili) e alla donazione del sangue.

Sono oltre 540mila gli italiani in pensione da più di 36 anni. Il dato risulta dalle tabelle Inps sugli anni di decorrenza delle pensioni di vecchiaia (comprese le anzianita’) e ai superstiti del settore privato e pubblico. Il Paese conta 16,18 milioni di pensionati totali, con una spesa complessiva sopra i 280,2 miliardi e 23,1 milioni di prestazioni. Per le pensioni liquidate prima del 1980, quindi in vigore da oltre 36 anni, quelle di vecchiaia e superstiti del settore privato sono 475.000, nel pubblico 65.463. In dettaglio, sono in vigore da prima del 1980 nel settore privato 188.436 pensioni di vecchiaia (54,9 anni l’eta’ media alla decorrenza) 439.718 pensioni di invalidita’ (44,5 l’eta’ media alla decorrenza) e 286.542 pensioni ai superstiti (41,35 anni l’eta’ media alla decorrenza) per oltre 914.696 assegni complessivi (45,66 l’eta’ alla decorrenza). Gli assegni di invalidita’ (439.718) vanno pero’ considerati in modo diverso poiche’ sono stati erogati sulla base delle condizioni fisiche delle persone. L’eta’ media alla decorrenza delle pensioni vigenti si e’ innalzata di quasi 8 anni per la vecchiaia (da 54,9 anni a 62,55 medi) mentre per i superstiti e’ cresciuta in media di quasi 30 anni passando dai 41,35 delle pensioni vigenti da oltre 36 anni ai 73,89 anni di quelle con decorrenza 2015. Le pensioni dei dipendenti pubblici erogate prima del 1980 sono 4.573 per la vecchiaia (55,7 l’eta’ media alla decorrenza), 33.654 per l’anzianita’ (47,4 anni l’eta’ media alla decorrenza), 16.573 per i superstiti da assicurato (41,7 anni l’eta’ alla decorrenza) e 10.663 per il superstite da pensionato (46,3 l’eta’ media alla decorrenza). Nel 2015 l’eta’ media alla decorrenza delle pensioni pubbliche vigenti era di 66,8 per la vecchiaia e di 62,4 anni per le pensioni anticipate.

“Il problema vero è quello dell’equità e non quello della sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico”. Lo afferma il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervistato da Presadiretta, che andrà in onda domani su Rai3. “Ci sono delle persone che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o hanno dei vitalizi, come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato – Dice Boeri – Abbiamo concesso per tanti anni questo trattamento privilegiato a queste persone”. E si chiede: “Per chi ha degli importi molto elevati di prestazioni, non è il caso di chiedere loro un contributo che potrebbe in qualche modo rendere, alleggerire i conti previdenziali? Ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione”. La proposta, per esempio sarebbe “quella andare ad aiutare quelle persone che sono in quella fascia di età prima della pensione che sono in condizione di povertà, oppure potremmo concedere maggiore flessibilità in uscita verso il sistema pensionistico”.

L’intervento per riconoscere uno scivolo al pensionamento per i lavoratori precoci, coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni, avrebbe costi che oscillano tra 1,2 e 1,8 miliardi a regime (dopo i 10 anni). Questo l’ammontare stimato per l’operazione secondo quanto si apprende. Il riconoscimento di un bonus di 4 mesi per ogni anno di contribuzione prima dei 18 anni di età (a partire da 14) avrebbe un valore tra 1,5 e 1,8 miliardi, sempre a regime. Riducendo il bonus a 3 mesi si andrebbe da 1,2 a 1,4 miliardi. Sarebbe di 60-67mila la platea annua degli interessati. Raddoppiare la platea dei pensionati a cui riconoscere la quattordicesima costerebbe 800 milioni l’anno. Secondo quanto si apprende sarebbe questa la cifra per portare i beneficiari da 1,2 milioni a 2,4 milioni di persone (over64). L’ipotesi fa parte del ‘pacchetto pensioni’ insieme ad altre iniziative. L’obiettivo sarebbe quello di accrescere il potere d’acquisto dei pensionati con assegni bassi.