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Italia in forte ritardo nella realizzazione di nuovi impianti da rinnovabili: sono 1364 quelli in lista d’attesa e ancora in fase di valutazione, il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Sono i numeri del nuovo report di Legambiente ‘Scacco matto alle rinnovabili 2023′ presentato questa mattina alla Fiera K.Ey di Rimini insieme ad un pacchetto di proposte e ad un’analisi su 4 legge nazionali e 13 leggi regionali che frenano la corsa delle fonti pulite. A pesare sullo sviluppo delle rinnovabili, secondo l’associazione, “norme obsolete e frammentate, la lentezza degli iter autorizzativi, gli ostacoli e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali” oltre ai “no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali Nimby (Not In My Backyard) e Nimto (Not In My Terms of Office)”. Più nel dettaglio, spiega Legambiente, “ad oggi nella Penisola sono 1364 gli impianti in lista d’attesa, ossia in fase di Via, di verifica di Assoggettabilità a Via, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte di questo elevato numero di progetti in valutazione, e nonostante le semplificazioni avviate dall’ex governo Draghi e l’istituzione e il potenziamento appena stabilito delle due Commissioni Via-Vas che hanno il compito di rilasciare un parere sui grandi impianti strategici per il futuro energetico del Paese, sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni. Nel 2022 “solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto, infatti, l’autorizzazione. Si tratta del dato più basso degli ultimi 4 anni se si pensa che nel 2019 a ricevere l’autorizzazione sono state il 41% delle istanze, per poi scendere progressivamente al 19% nel 2020, al 9% nel 2021. Ancor peggio i dati dell’eolico on-shore con una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021 per arrivare allo 0% nel 2022. Dati nel complesso preoccupanti se si pensa che negli ultimi anni sono aumentati sia i progetti presentati sia le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili, quest’ultime sono passate da 168 GW al 31 dicembre 2021 ad oltre 303 GW al 31 gennaio 2023”. “Altro campanello d’allarme – avverte l’associazione – è rappresentato anche dalla lentezza delle installazioni, come emerge dagli ultimi dati Terna, appena 3.035 MW nel 2022 – e l’incapacità produttiva del parco complessivo di sopperire alla riduzione di produzione. Le fonti rinnovabili, fotovoltaico a parte, nel 2022 hanno fatto registrare, tutte, segno negativo. L’idroelettrico, complice l’emergenza siccità, registra un meno 37,7% a cui si aggiunge il calo del 13,1% in tema di produzione da pompaggi che portano il contributo delle rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, al 32%. Ovvero ai livelli del 2012. Ostacoli che Legambiente racconta anche nella mappa aggiornata dei luoghi simbolo con storie, che arrivano dal Nord al Sud della Penisola, di progetti bloccati e norme regionali e locali che ostacolano le rinnovabili. Ventiquattro le nuove storie sintetizzate nella mappa, che si aggiungono alle 20 dello scorso anno. Tra i casi più emblematici quelli di Puglia, Toscana e Sardegna. Di fronte a questo quadro, Legambiente rilancia oggi le sue proposte per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e l’effettiva realizzazione degli impianti “a partire dall’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione dei nuovi impianti ferme al 2010 e un riordino delle normative per arrivare, attraverso un lavoro congiunto, tra il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il ministero della Cultura, ad un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita rimane centrale il dibattito pubblico, uno strumento strategico sia per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti sia per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili”. ”Al governo Meloni – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani – torniamo a ribadire che il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili. Se davvero si vuole contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e centrare gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli. In questo percorso, è indispensabile che il governo metta in campo una politica di breve, medio e lungo periodo anche rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione non più rimandabili. Primo fra tutti occorre semplificare l’iter dei processi autorizzativi per garantire certezza dei tempi e potenziare gli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazioni affinché gestiscano meglio i progetti che si stanno accumulando. Occorre riordinare la normativa sulle rinnovabili e aggiornare il Pniec rispondendo al nuovo scenario energetico che dovrà evolvere verso la configurazione di nuovi paesaggi sempre più rinnovabili e pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione al 2035 sia al modo migliore di integrarle nei territori”. ”Le fonti rinnovabili, insieme a politiche serie e lungimiranti di efficienza energetica, rappresentano una chiave strategica non solo per decarbonizzare il settore energetico, priorità assoluta nella lotta alla crisi climatica, ma anche per portare benefici strutturali nei territori e alle famiglie e per creare opportunità di crescita ed innovazione in ogni settore. Se è vero che non esiste l’impianto perfetto – commenta Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – è altrettanto vero che questi impianti possono essere integrati al meglio ed essere valore aggiunto per i cittadini e le cittadine che vivono quei territori. Per questo è fondamentale non depotenziare uno strumento prezioso come quello del dibattito pubblico, come rischia di fare il governo Meloni con la nuova proposta del Codice degli Appalti. La partecipazione dei territori e il loro protagonismo sono parte essenziale della giusta transizione energetica’.

Snam ha sottoscritto con la Banca europea per gli investimenti un contratto di prestito di 310 milioni di euro per il finanziamento di alcuni progetti mirati a potenziare il sistema gas italiano, rendendo la rete ancora piu’ sicura, efficiente, flessibile e interconnessa. Il finanziamento e’ rivolto a investimenti per un costo complessivo stimato pari a oltre 600 milioni di euro e riguardanti principalmente. Il finanziamento di 310 milioni di euro sara’ a tasso fisso pari a 1,5%, avra’ una durata di 20 anni e rientra nella politica di ottimizzazione della struttura finanziaria di Snam, in quanto complementare ai prestiti obbligazionari e bancari e caratterizzato da durate piu’ lunghe a costi competitivi.

Gli Usa hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu in cui si chiede al governo di Assad di collaborare nell’inchiesta su quanto avvenuto. Ma il ministero degli Esteri russo ha bollato i resoconti sull’attacco chimico a Idlib, in Siria, come “fake”. “Gli Usa hanno presentato una risoluzione al consiglio di sicurezza dell’Onu basandosi su dei rapporti falsi”, ha detto la portavoce del ministero citata dalle agenzie. “Non vediamo un particolare bisogno di adottare una risoluzione” dopo l’attaccoin Siria, ha detto il vice rappresentante russo all’Onu durante la riunione del Consiglio di Sicurezza. Mosca “ha condannato l’uso di armi chimiche in ogni circostanza e affermato che gli autori devono essere ritenuti responsabili”, sottolineando però che “la campagna anti-Damasco deve essere cestinata nella discarica della storia”. Inoltre, ha ribadito come “ogni volta che ci sono progressi nei colloqui politici sulla Siria avvengono strani incidenti, come l’attacco di ieri”.

Ci sono 20 bambini tra le vittime dell’attacco di ieri su Khan Sheikhoun, che sarebbe stato condotto con armi chimiche. Lo comunica l’Osservatorio siriano dei diritti umani, che ha aggiornato il bilancio delle vittime. Secondo gli attivisti, i morti sono almeno 72, fra cui 20 bambini e 17 donne. L’Osservatorio, citando fonti mediche del luogo, ha ribadito che la cittadina è stata “bombardata con materiale ritenuto gas”.
Per il ministero della Difesa russo, la contaminazione con sostanze chimiche è stata la conseguenza di un raid aereo delle forze governative su un deposito di armi chimiche dei ribelli. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero di Mosca, Igor Konoshenkov, su YouTube, come riporta l’agenzia LaPresse che cita la Reuters.”Ieri, dalle 11.30 alle 12.30 ora locale, l’aviazione siriana ha condotto un attacco su un grande deposito di munizioni dei terroristi e una concentrazione di materiale militare alla periferia orientale di Khan Sheikhoun”, ha dichiarato Konoshenkov.
Per i medici di Save the Children che si trovano in Siria e che hanno curato i bambini coinvolti nel presunto attacco con armi chimiche a Khan Sheikhoun, i sintomi sono coerenti con quelli causati da gas nervini. “I medici di una delle cliniche gestite dal nostro partner Syrian Relief ci hanno raccontato di aver ricevuto tre bambini sotto i sei anni, appena coscienti, che faticavano a respirare, con il naso che colava e le pupille contratte. I medici dicono che questi sintomi sono coerenti con l’uso di agenti nervini, come il sarin”, scrive l’organizzazione in una nota. Ha dichiarato Sonia Khush, direttrice di Save the Children in Siria: “Se fosse confermato l’utilizzo di questa sostanza vietata, saremmo di fronte ad un palese violazione del diritto internazionale e ad una preoccupante indicazione che ci dice che non tutte le armi chimiche sono state distrutte, come chiesto dalla risoluzione 2118 del Consiglio delle Nazioni Unite del settembre 2013”. (Immagine: @laStampa.it)

Ci sono dei “margini” per una nuova cooperazione con la Russia nel settore del trasporto del gas in Europa, con tuttavia una serie di ma e di se. Secondo il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Il ministro ha segnalato “interesse strategico in questa forma di cooperazione: vogliamo accentuare ogni cooperazione che va in questa direzione nel pieno rispetto di quanto la Russia possa fare in piena autonomia per quanto riguarda le scelte industriali”, ossia i dossier già in essere con la Turchia. “Vediamo dei margini per individuare dei punti di incontro industriali: vogliamo far sì che ci sia un approfondito dialogo dal punto di vista politico e industriale per realizzare una proficua cooperazione”. Il capo della Farnesina rispondeva alla stampa italiana, alla fine di un incontro con il vicepremier russo Arkadij Dvorkovich a Mosca. Quest’ultimo ha specificato che “per quanto riguarda il North Stream 2 e la realizzazione del corridoio Sud, ossia il Turkish Stream, siamo interessati alla partecipazione della compagnie italiane ovviamente attraverso delle aste o concorsi. La decisione viene presa ovviamente su base commerciale, ma le relazioni su base politica danno speranza. Concretamente le vie energetiche in Europa e in particolare la seconda linea Sud, dipende dalle consultazioni della Commissione europea, e da un regime legislativo affidabile per le forniture”. Dvorkovich ha ribadito poi che la parte commerciale e quindi una eventuale scelta di Snam per il futuro, dipende da Gazprom.