disoccupazione

La disoccupazione a febbraio torna a scendere, passando al 10,9% dall’11,1% del mese precedente. Lo rileva l’Istat, spiegando che il tasso risulta pari a quello già registrato a dicembre, quando si sono toccati i minimi da agosto 2012. Dopo il rialzo di gennaio calano dell’1,7% anche le persone in cerca di occupazione (-49mila). Su base annua la contrazione è ancora più netta: -4,8% (-143mila). Si contano così 2 milioni 835 mila disoccupati. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni a febbraio segna un aumento di 0,3 punti percentuali, passano al 32,8% dal 32,5% di gennaio.
A febbraio la stima degli occupati cresce dello 0,1%, ovvero di 19 mila unità su gennaio. L’Istituto osserva “un significativo incremento congiunturale dei dipendenti a tempo indeterminato (+54 mila)” dopo 10 mesi consecutivi in calo. Risultano poi in “lieve crescita” i dipendenti a termine (+4 mila), mentre continuano a diminuire gli indipendenti (-39 mila). Su base annua si conferma l’aumento degli occupati (+0,5%, +109 mila), ma in questo caso “la crescita si concentra esclusivamente tra i lavoratori a termine”.
A febbraio il numero dei dipendenti a tempo determinato aggiorna un nuovo record storico: il piccolo aumento registrato rispetto a gennaio (+4 mila unità) fa raggiungere la soglia di 2 milioni 918 mila. A febbraio resta sui massimi storici anche il tasso di occupazione femminile (49,2%).

“Dopo tre trimestri di crescita”, nel secondo trimestre del 2017 torna a diminuire il numero di disoccupati, la cui stima scende a 2 milioni 839 mila unità (-154 mila in un anno, -5,1%). Lo comunica l’Istat, precisando che il tasso di disoccupazione scende al 10,9%, in calo di 0,6 punti sul secondo trimestre del 2016, in base ai dati grezzi. In base ai dati destagionalizzati, invece, il tasso si attesta all’11,2%, in calo di 0,4 punti rispetto al trimestre precedente. In entrambi i casi si registra un minimo dal 2012: in particolare, il tasso grezzo risulta il più basso dal secondo trimestre di quell’anno (quando era al 10,5%), mentre il tasso destagionalizzato è il più basso dal terzo trimestre del 2012 (era al 10,7%). Nel secondo trimestre del 2017, gli occupati sono cresciuti di 78 mila unità (+0,3%) rispetto al primo trimestre, grazie all’ulteriore aumento dei dipendenti (+149 mila, +0,9%), in oltre otto casi su dieci a termine (+123 mila, +4,8%). Lo comunica l’Istat. Rispetto al secondo trimestre del 2016, si stima una crescita di 153 mila occupati (+0,7%), che riguarda soltanto i dipendenti (+356 mila, +2,1%), oltre tre quarti dei quali a termine (+278 mila, +11,2%). Occupazione donne record, al 49,1% in trimestre – Nel secondo trimestre del 2017, il tasso di occupazione delle donne sale al 49,1% sulla base dei dati grezzi Istat (+0,6 punti in un anno), in crescita per il quarto trimestre consecutivo: segna così il livello più alto registrato nelle serie storiche iniziate nel 1977. Nonostante il recupero, “la situazione occupazionale delle donne nel nostro Paese – scrive l’Istat – è tra le peggiori dell’Ue”: nella media 2016 l’Italia è “penultima” tra i paesi Ue28, “con un divario di 13,2 punti rispetto alla media, seguita soltanto dalla Grecia”

I dati sull’occupazione pubblicati ieri dall’Istat “non possono essere di conforto per gli italiani. Siamo ancora molto lontani infatti dalle medie dell’Unione europea e i timidi miglioramenti sono da attribuire più a una situazione economica internazionale in miglioramento che alle vantate riforme dei governi a guida Pd”, lo dichiara in una nota Lucio Malan (Forza Italia). “A prezzo di oltre 20 miliardi l’Italia è ancora tra i peggiori d’Europa – aggiunge – e ci sono 700mila disoccupati più di quando Berlusconi fu costretto alle dimissioni da una congiura di palazzo.”

‘Il Papa ha lanciato un messaggio limpido e giusto, forse dovremmo un po’ tutti ragionare su quello che dice. La disoccupazione giovanile al 40% e’ un fatto gravissimo, e’ aumentato il lavoro precario, il Jobs Act ha funzionato comunque e sempre? Questi temi devono essere discussi dalla sinistra”. Lo ha detto il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ospite di Agora’. “Il Papa ha sollevato anche il problema relativo all’accesso al lavoro da parte delle donne, delle pensioni d’oro, temi che dovrebbero essere al di la’ della polemica politica – ha aggiunto Rossi -, riconosco gli sforzi fatti dal governo, ma questi sforzi non sono stati sufficienti”

Le rilevazioni e le analisi dell’Eurispes sul Mezzogiorno fanno emergere per il 2017 una particolare condizione di disagio economico soprattutto in Sardegna e in Sicilia e, allo stesso tempo, il perdurare, seppure con intensità minore, del gap delle altre regioni del Sud rispetto al resto dell’Italia. Sono infatti gli abitanti delle Isole a ritenere la situazione economica dell’Italia gravemente peggiorata nel 33,9% dei casi. Segue il dato delle altre regioni del Sud (26,4%) e, successivamente, con valori inferiori, le altre aree geografiche (Nord e Centro). Nelle Isole, in particolare, oltre cinque famiglie su dieci (il 54%) hanno visto diminuire nel corso dell’ultimo anno il proprio potere d’acquisto, ossia la capacità di far fronte alle spese e fare acquisti per mezzo delle proprie entrate. Nel Sud e nelle Isole, più che nelle altre aree regioni, si trova il numero più elevato di cittadini costretti ad utilizzare i propri risparmi per arrivare a fine mese, rispettivamente 59,6% e 44,9%. Sempre in Sicilia e in Sardegna 4 persone su 10 non riescono a sostenere il costo delle spese mediche né a saldare le rate del mutuo per la propria casa.Non a caso il 33,6% di chi vive al Sud e il 19,7% nelle Isole si sente povero. Inoltre, quando viene chiesto se si è a conoscenza nella propria cerchia familiare o amicale di persone che vivono in stato di indigenza, le percentuali più alte di risposta affermativa continuano a concentrarsi nelle aree meridionali e insulari, al Sud e nelle Isole, dove il 37% e il 26,7%, affermano di conoscere molte persone povere, il 39,6%, e il 40,2%, dichiarano di conoscerne alcune e il 19,1%, e il 24,4% poche; mentre si attestano a quota 4,3% e 8,7% le percentuali di coloro che invece non ne conoscono nessuna. Circa la metà degli abitanti delle Isole conoscono persone che devono rivolgersi alla Caritas, che non possono permettersi un posto dove vivere, non hanno la possibilità di curarsi né di mantenere i propri figli o farli studiare. Otto persone su dieci indicano la perdita del posto di lavoro come causa di questo impoverimento. Il 25,5% di chi vive nelle regioni del Sud e il 12,6% di quanti abitano in Sicilia o Sardegna riferiscono di conoscere persone che sono state costrette a rivolgersi ad un usuraio. Tra le strategie adottate per far fronte alle difficili condizioni economiche soprattutto al Sud (31,5%) e nelle Isole (26%) si è chiesto aiuto e sostegno alle famiglie di origine e non è mancato chi è dovuto tornare a vivere con i propri genitori o con i suoceri per necessità (14,2% nelle Isole; 11,1% al Sud). Sul piano dell’assistenza sanitaria, le testimonianze degli intervistati delineano un’Italia divisa addirittura in tre: al Nord, nonostante i casi problematici, prevale un servizio accettabile, il Centro si colloca in una posizione intermedia, nel Mezzogiorno i disagi sono estremamente frequenti. Le lunghe attese per visite ed esami sono comuni in tutto il Paese, ma se al Nord-Ovest le ha sperimentate il 49,8%, la quota tocca punte del 93,2% al Sud, e del 90% circa nelle Isole. Per gli interventi chirurgici, le attese sono state sperimentate da meno della metà dei residenti di Centro e Nord-Ovest, ma da oltre il 66% al Sud e nelle Isole. Netto il divario relativo alle condizioni delle strutture sanitarie. Le definisce fatiscenti il 18% al Nord-Ovest, il 34,5% al Nord-Est, il 46,6% al Centro, il 60% al Sud, il 69,3% nelle Isole. Una tendenza analoga è stata registrata nelle indicazioni relative a strutture igienicamente non adeguate. Gli errori medici, sperimentati al massimo nel 30% dei casi al Centro-Nord, vengono citati dal 55,3% dei residenti al Sud e dal 40,9% di chi abita nelle Isole. La peggiore offerta di servizi sanitari nelle aree del Mezzogiorno coinvolge anche la disponibilità del personale medico ed infermieristico, insoddisfacente per oltre la metà dei residenti. Questi i dati sul Mezzogiorno illustrati stamane a Palermo nel corso della presentazione del rapporto Eurispes da parte del presidente Gian Maria Fara.

Christine Lagarde, il direttore generale del Fondo monetario internazionale, é ottimista: “dopo sei anni di crescita deludente, l’economia mondiale sta accelerando con una ripresa ciclica che promette piu’ occupazione, salari piu’ alti e una maggiore prosperita’ futura”. E’ quanto recita il testo del suo discorso preparato per essere pronunciato oggi a Bruxelles. Secondo l’ex ministro francese delle Finanze, nelle economie avanzate “l’outlook e’ migliorato con un’attivita’ manifatturiera piu’ forte”. In vista dei lavori primavera del Fondo, al via dalla settimana prossima a Washington e durante i quali l’Fmi pubblichera’ le sue nuove stime economice, Lagarde spiega che la “ripresa e’ generalizzata tra i Paesi, Europa inclusa, anche se alcuni stanno ancora facendo i conti con un debito alto e una debolezza in determinate banche”. Quanto alle economie emergenti “continueranno a contribuire a oltre tre quarti della crescita del Pil globale nel 2017”. Avvertendo che “ci sono chiari rischi al ribasso”, Lagarde cita “l’incertezza politica, inclusa quella in Europa, la spada del protezionismo che pende sul commercio globale e condizioni finanziarie piu’ stringenti nel mondo che potrebbero innescare fughe di capitali negative dalle economie emergenti e in via di sviluppo”.

Nell’area Ocse a febbraio la disoccupazione è stabile al 6,1%. Nell’intera area i disoccupati sono 38 milioni, 5,4 milioni di persone in piu’ in piu’ rispetto al periodo “prima della crisi”, all’aprile 2008, si legge in una nota. Il tasso e’ sceso di 0,1 punti nell’Eurozona, al 9,5%, con i maggiori cali in Lettonia, Spagna e Italia, che sono al primo e secondo posto nella classifica dell’organizzazione, dalla quale mancano i dati aggiornati di diversi Paesi, fra i quali la Grecia. In Italia disoccupazione all’11,5%.

‘Il lavoro? Piu’ facile trovarlo giocando a calcetto che mandando un curriculum”. Sara’ vero? Probabilmente, ma sentire questa frase dalla bocca del ministro della Repubblica, dicastero Lavoro, Giuliano Poletti, fa un certo effetto. Il ministro con tanta barba bianca e poca saggezza non e’ nuovo a questo genere di affermazioni. Anzi. Appartiene infatti a quella schiera di politici che parlano senza pensare. Una disgrazia per il nostro Paese. Come quella della disoccupazione.

“La questione femminile in Sicilia rappresenta la punta dell’iceberg di una situazione di disagio diffuso, che affonda le radici nella disoccupazione, nelle carenze del welfare, nella sostanziale mancanza di interventi della politica di cui a far le spese sono soprattutto le donne”. Lo dice Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, spiegando che “il tasso di disoccupazione femminile è quasi il doppio di quello nazionale, il 23,2 per cento a fronte del 12 per cento, e il tasso di occupazione più della metà di quello nazionale (29,6 per cento contro 48,2 per cento)”. Ma per il leader sindacale a mancare non è solo il lavoro ma anche “quegli interventi sul welfare utili a sostenere le donne che lavorano, gravate in maniera pressoché esclusiva dei compiti di cura”. “Non è retorica dire che senza l’affermazione dei diritti delle donne non può esserci crescita civile e democratica – aggiunge Pagliaro -. Le uniche sponde che, invece, le donne hanno trovato sono il lavoro precario, sottopagato, che oggi c’è e domani no e questo non è ammissibile. Così come non lo è il fatto che si registrino ritardi, come le donne di Cgil, Cisl e Uil hanno denunciato, nel rinnovo del Forum contro la violenza di genere e nell’insediamento della Commissione regionale pari opportunità”. Secondo Pagliaro, allora, la battaglia per i diritti delle donne, per l’occupazione e contro la violenza deve essere “la battaglia di tutti per reale avanzamento economico, sociale e culturale della nostra regione”.

La disoccupazione nell’area Ocse in ottobre e’ diminuita di 0,1 punti percentuali al 6,2% e risulta in calo di 1,9 punti rispetto al picco segnato nel gennaio 2013. Come precisa l’Ocse, nell’area che riunisce i 35 Paesi piu’ industrializzati, 38,8 milioni di persone sono senza lavoro, 10,2 milioni in meno rispetto al momento peggiore della crisi, nel gennaio 2013, ma pur sempre 6,2 milioni in piu’ rispetto all’aprile 2008, prima della crisi. La disoccupazione dei giovani (15-24anni) nell’area Ocse e’ invece rimasta stabile al 12,8%. Nel dettaglio, nell’Eurozona la disoccupazione complessiva in ottobre e’ calata di 0,1 punti al 9,8%, cioe’ 2,3 punti sotto il record dell’aprile 2013, nella Ue e’ scesa all’8,3% dall’8,4% e nel G7 risulta al 5,4% dal 5,5%. In Eurolandia, le flessioni piu’ marcate (0,2 punti) sono appannaggio di Austria (al 5,9%), Francia (9,7%), Irlanda (7,5%), Lettonia (9,5%) e Repubblica Slovacca (9,1%). In Germania la disoccupazione e’ calata di 0,1 al 4,1%. In Italia e’ diminuita all’11,6% dall’11,7% e sulla base delle statistiche disponibili si conferma il terzo peggior dato dell’area Ocse. Il tasso dei senza lavoro e’ rimasto stabile in Canada (7%) e Giappone (3%), mentre e’ calato in Messico (-0,3 al 3,6%) e negli Usa (-0,1 al 4,9%), dove in base alle indicazione di novembre e’ sceso ulteriormente (-0,3% al 4,6%). L’Islanda e’ il Paese con la minore disoccupazione (2,9%, stabile), mentre la maglia nera resta la Grecia con il 23,4% (in agosto, ultimo dato disponibile), preceduta dalla Spagna (19,2%, -0,1 punti). La disoccupazione dei giovani nell’area euro e’ rimasta stabile al 20,7%, cosi’ come nella Ue resta al 18,4% e nel G7 si conferma all’11,7%. L’Italia, per altro, segna un calo di 0,3 punti al 36,4%, mentre la Spagna, dopo cinque mesi consecutivi di flessione registra un aumento di 0,7 punti al 46,3%. Peggiora la situazione anche per i giovani francesi alla ricerca di un lavoro (+0,4 al 25,8%). In Germania la disoccupazione dei giovani e’ invece calata di 0,1 punti al 6,9%. Il dato piu’ pesante resta quello della Grecia (46,5%).