Aldo Moro

Due corone d’alloro sono state deposte questa mattina a Bari davanti al monumento dedicato all’esponente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, a 40 anni dal suo rapimento e dall’uccisione della sua scorta in via Fani, a Roma, il 16 marzo del 1978. Il corpo di Moro fu poi fatto ritrovare, dopo 55 giorni di prigionia, nel portabagagli di una ‘Renault 5′, il 9 maggio del 1978, in via delle Botteghe oscure, nella capitale. Alla cerimonia nel capoluogo pugliese sono intervenute autorita’ civili e militari, tra cui il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro; il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Mario Loizzo; e il rettore dell’Universita’ di Bari, Antonio Uricchio. Parlando con i giornalisti, Decaro ha evidenziato che “Moro e’ un patrimonio del nostro Paese”, e ha ricordato di aver vissuto quei giorni con la sua “famiglia” e i suoi “genitori che erano impegnati politicamente: abbiamo seguito passo dopo passo attraverso i telegiornali quello che accadeva”, ha detto. “Da quella vicenda del terrorismo – ha rilevato Decaro – il nostro Paese ha ricostruito la propria comunita’: c’e’ stata una reazione unitaria come e’ accaduto con la mafia dopo l’omicidio di Falcone e Borsellino”. Per Decaro, “l’omicidio di Moro ha messo nelle condizioni questo Paese di creare una sorta di moto complessivo, da Nord a Sud, che ha portato questo Paese a riscattarsi e a chiudere quella pagina buia del terrorismo”. Loizzo ha rilevato che “non sono rituali le iniziative che si stanno svolgendo in tutta Italia: e’ una ferita ancora aperta – ha aggiunto – e quell’assassinio che ha cambiato il corso della politica in Italia pesa ancora su questo Paese”. “Soprattutto – ha rimarcato – in questa fase di smarrimento del sistema politico, quando e’ del tutto evidente che manca questa figura forte come un punto di riferimento morale, politico e culturale”. “Nei prossimi giorni – ha annunciato – lanceremo un progetto, come Consiglio regionale, per tornare in tutte le scuole di Puglia, insieme all’Ufficio scolastico regionale, a parlare della figura di Moro nella sua molteplicita’ di interventi: da professore universitario, da costituente – ha concluso Loizzo – e da uomo di governo del Mezzogiorno, quella voce che il Mezzogiorno non ha piu’ da decenni”.

“Ho voluto che rimanesse a verbale dell’ultima seduta della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro la mia protesta per il rifiuto del Presidente del Consiglio Gentiloni di essere ascoltato, malgrado le ripetute convocazioni da parte del presidente Fioroni a nome di tutta la Commissione”. Lo dice il senatore Carlo Giovanardi. “La Commissione ha raccolto testimonianze straordinarie, come quella del palestinese Bassam Abu Sharif sul lodo Moro e i rapporti fra Brigate Rosse e Resistenza palestinese e discusso documenti di straordinaria importanza per capire cosa sia successo in quegli anni, che purtroppo rimangono secretati e pertanto non possono essere divulgati e conosciuti dall’opinione pubblica e dagli storici. Il rifiuto del Presidente del Consiglio di essere ascoltato per chiarire questi documenti e soprattutto per spiegare perche’ dopo 40 anni si insiste nel mantenere il segreto, e’ cosa di gravita’ inaudita e un precedente inaccettabile per ogni futura commissione di inchiesta”. Giovanardi conclude: “Ho dovuto prendere atto che in tutti gli anniversari del rapimento di Aldo Moro, c’e’ il solito rituale appello delle alte cariche dello Stato (il Presidente della Repubblica, i Presidenti della Camera e del Senato, ecc.) a scoprire la verita’; viene detto che la verita’ viene prima di tutto, che le istituzioni si daranno da fare al massimo delle loro competenze per arrivare alla verita’, ma poi quando si arriva al dunque, nei luoghi preposti come una Commissione d’inchiesta parlamentare, quella collaborazione viene sfacciatamente meno”.

“Il barbaro assassinio di Aldo Moro e’ stata una delle pagine piu’ tragiche e oscure della storia repubblicana. Il ricordo del sacrificio di Moro unisce il Paese nella memoria di tutte le vittime del terrorismo politico”. Cosi’ la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, in apertura della seduta di oggi. “Quella stagione di cieca violenza – aggiunge Bindi- non risparmio’ nessuna categoria e segno’ profondamente la coscienza degli italiani che seppero respingere la sfida alla nostra democrazia senza cedere alla paura, ma facendo leva sui valori e i principi della Costituzione. Il 9 maggio del 1978 mentre l’Italia scopriva sgomenta la morte dello statista democristiano, a Cinisi la mafia ammazzava Peppino Impastato, inscenando un attentato suicida. Cosa Nostra metteva a tacere la voce scomoda di un giovane ribelle, che sbeffeggiava i capi e rompeva il muro dell’omerta’ che copriva i loro affari”. Bindi aggiunge: “Grazie alla tenacia della famiglia Impastato e all’inchiesta svolta della nostra Commissione Antimafia, con la relazione Russo Spena, e’ stato possibile smascherare il tentativo di depistaggio e accertare la verita’. Peppino Impastato e’ un esempio di coraggio e d’impegno per la buona politica e la democrazia che ancora oggi sono le armi piu’ potenti e temute dai poteri mafiosi”.

“Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 39° anniversario del rapimento di Aldo Moro, ha disposto la deposizione di una corona di fiori in via Mario Fani dove le Brigate rosse sequestrarono l’allora presidente della Democrazia cristiana uccidendo cinque agenti della sua scorta”. Lo rende noto il Quirinale. In via Fani il 16 marzo 1978 persero la vita 3 poliziotti e 2 carabinieri uccisi dal commando Br che sequestrò Aldo Moro. Il cadavere dello statista dopo 55 giorni verrà fatto ritrovare nel bagagliaio di un’auto.