Mafia Capitale: domani sentenza per i 46 imputati del’ mondo di mezzo’

Oltre venti mesi di udienze, migliaia di intercettazioni e atti che superano abbondantemente il milione di pagine. Il primo maxi processo Mafia Capitale è arrivato a conclusione con la sentenza fissata per domani nell’aula bunker del carcere di Rebibbia.Le accuse per i 46 imputati, vanno, a seconda delle posizioni, dalla corruzione, alla turbativa d’asta, all’usura e l’estorsione, fino all’associazione mafiosa.Secondo chi indaga l’ex estremista di destra Massimo Carminati e l’imprenditore delle cooperative Salvatore Buzzi, conosciutisi in carcere negli Anni Ottanta e diventati soci in affari dopo il 2011, avrebbero condizionato per lungo tempo, con tangenti, minacce ed estorsioni, la gestione di appalti e risorse nella Capitale.Pesanti le richieste di condanna arrivate dalla procura e sulle quali dovrà decidere il collegio presieduto da Rosanna Ianniello: ventotto anni di carcere per Carminati, 26 e tre mesi per Buzzi e pene che vanno dai due ai 25 anni per gli altri 44 imputati, per complessivi 515 anni di carcere.Nel procedimento figurano ex amministratori locali di diversi schieramenti politici, ex dipendenti pubblici e dirigenti di azienda: ci sono, tra gli altri, Giovanni Fiscon (5 anni di carcere la richiesta dei pm) e Franco Panzironi (21 anni) in passato ai vertici dell’azienda romana dei rifiuti (Ama) come direttore generale e amministratore delegato; l’ex componente del tavolo di coordinamento per i rifugiati del Viminale, Luca Odevaine (2 anni e mezzo la richiesta dei pm per aver collaborato con gli inquirenti), e l’ex capogruppo Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio (19 anni e mezzo), l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Mirko Coratti (4 anni e mezzo), l’ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone (4 anni), e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd (4 anni) e Giordano Tredicine del Pdl (4 anni).Tra i 19 imputati per associazione di stampo mafioso, oltre a Carminati, Buzzi, Panzironi e Gramazio, sono a processo l’ex dirigente di Eur spa Carlo Pucci (chiesti per lui 19 anni di carcere), i collaboratori di Carminati, Riccardo Brugia, (25 anni e 10 mesi di carcere), Roberto Lacopo (21 anni) e Matteo Calvio (21 anni); la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito (18 anni), il commercialista Paolo Di Ninno (19 anni), la compagna dell’imprenditore, Alessandra Garrone (18 anni e sei mesi), Carlo Maria Guarany (19 anni) e Claudio Caldarelli (19 anni), entrambi stretti collaboratori di Buzzi.Chiesti rispettivamente 18 anni e 16 anni e due mesi, per gli imprenditori Agostino Gaglianone e Giuseppe Ietto, ritenuti a servizio dell’associazione; e 16 anni di carcere per Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, considerati dalla procura il punto di contatto tra il gruppo e la Ndrangheta.Negli anni, secondo la tesi dell’accusa, il gruppo capitanato da Massimo Carminati, che in origine aveva stretti legami con la cosiddetta banda della Magliana, sarebbe cresciuto diventando più potente e ampliando il proprio raggio d’azione da banda criminale dedita all’estorsione, a organizzazione impegnata nel controllo di attività economiche, appalti e commesse pubbliche.Dopo il 2011 si sarebbero stretti i legami con Salvatore Buzzi: l’associazione sarebbe ulteriormente cresciuta, sostiene l’accusa, arrivando a condizionare la politica e la pubblica amministrazione, senza però mai abbandonare la strada originaria, della violenza, dell’estorsione e dell’usura, perché da quella, sostengono i pm, trae forza la ‘nuova mafia’, proprio come quelle ‘tradizionali’.”La fama criminale determina paura, assoggettamento e omertà, che sono le caratteristiche di un’organizzazione mafiosa”, sostiene l’accusa, secondo cui è questo aiuto che Buzzi si è assicurato, negli anni, pagando il 50 per cento degli utili di quattro grandi cantieri a Carminati: l’imprenditore avrebbe scelto l’ex estremista nero per il timore che incuteva il suo nome, per i suoi contatti con la destra romana, e soprattutto per avere un socio sempre pronto al ‘lavoro sporco’ fatto di minacce, e violenza contro chi non stava ai patti dettati dall’associazione.

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